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- Nov, 04, 2024
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- Commenti disabilitati su La Bella e la Bestia: una famiglia di “selvaggi pelosi” alla corte dei Farnese

Negli anni della dinastia Farnese, nella quiete del castello di Capodimonte noto come la “Rocca,” immerso nelle acque tranquille del lago, si concluse la straordinaria vicenda di Pedro González. Ma chi era quest’uomo? Un nobile spagnolo nato nel 1537 a Tenerife, nell’arcipelago delle Canarie, allora da poco conquistate dall’avventuriero Alonso Fernández de Lugo per la corona di Castiglia. All’età di dieci anni, Pedro, come altri abitanti ribelli di Tenerife, fu catturato e ridotto in schiavitù. Forse finì nelle mani di corsari francesi, che lo portarono in Francia come un “raro e prezioso dono” per celebrare le nozze del re Enrico II di Valois con Caterina de’ Medici.
Alla vista di questo giovane coperto di fitta peluria, che raggiungeva ben nove centimetri di lunghezza, il re francese lo prese per una creatura metà uomo e metà scimmia. In realtà, Pedro soffriva di ipertricosi, una rara condizione genetica che provoca una crescita abnorme dei peli sul corpo, rendendone l’aspetto quasi animalesco. Invece di ripudiarlo, il re, colpito da compassione, lo accolse a corte come una sfida, impegnandosi a “incivilire” questo essere apparentemente selvaggio.
Pedro, dotato di grande intelligenza, imparò presto il francese, l’italiano, le discipline umanistiche e il latino, destando ammirazione e stupore tra i nobili europei. Soprannominato “sauvage du Roi” (il selvaggio del Re), ricevette persino il titolo di “Don”, benché a corte fosse spesso chiamato affettuosamente “Barbet”, per la somiglianza con il cane preferito del re. Più che compassione o disgusto, Pedro suscitava curiosità e ammirazione, tanto che molti aristocratici si contendevano la sua compagnia, considerandolo un esotico ornamento di corte.
Fu Caterina de’ Medici a voler trovargli una moglie. Per divertimento o forse per bizzarra curiosità, scelse per lui la sua bellissima e giovane damigella Catherine Raffelin, costringendola a sposarlo e a condividere il letto con lui per generare una dinastia di “selvaggi” al servizio del re. Nonostante il primo impatto traumatico, il matrimonio si rivelò sorprendentemente felice. Dalla loro unione nacquero sette figli, cinque dei quali ereditarono la stessa ipertricosi paterna. Pedro, ormai noto come Don Petrus Gonsalvus, divenne così celebre che i suoi ritratti iniziarono a circolare nelle corti d’Europa.
Pedro rimase alla corte di Francia per 44 anni come “sommelier de panneterie bouche,” una posizione di prestigio a tavola del re. Tuttavia, nel 1580, lasciò la Francia per stabilirsi alla corte di Margherita d’Austria, duchessa di Parma. Nel 1591, dopo la morte della sua protettrice, Pedro e la sua famiglia si trasferirono a Parma alla corte di Ranuccio Farnese, dove furono ospitati nel Palazzo del Giardino. Tuttavia, senza incarichi di rilievo, Pedro si sentiva solo un fenomeno da baraccone, osservato con curiosità. Dopo un breve periodo a Collecchio come amministratore delle proprietà Farnese, si trasferì infine a Capodimonte, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita come guardarobiere dei Farnese.
Pedro morì serenamente nel 1618, ormai ottantenne e dimenticato dal mondo. Anche sua moglie Catherine morì a Capodimonte, sette anni dopo. I registri parrocchiali documentano i vari eventi della famiglia Gonzalez e dei loro discendenti, che i locali chiamavano affettuosamente “i Pelosi”.
In particolare, suo figlio Henri, italianizzato in Arrigo, fu protetto dal cardinale Odoardo Farnese e divenne noto per le sue doti di “intraprendente” usuraio, arrotondando i guadagni di famiglia con piccoli prestiti e traffici non sempre leciti. L’artista Agostino Carracci lo ritrasse nel famoso quadro “Arrigo peloso, Pietro Matto, Amon Nano et altre bestie” oggi conservato a Napoli. Gli altri figli e nipoti della famiglia Gonzalez si dispersero con il tempo, e di loro restano poche notizie.
La storia di Pedro e Catherine ha suscitato grande interesse, tanto da ispirare la celebre fiaba de “La Bella e la Bestia”, popolare in Europa dalla seconda metà del Cinquecento. La fiaba, che trova radici nelle antiche metamorfosi greco-latine, fu narrata da Giovan Francesco Straparola nel 1550 e successivamente ripresa da Charles Perrault. Di recente, la vera storia di Pedro e della sua famiglia è stata raccontata in un documentario del 2013, “Gonsalvus – Die wahre Geschichte von Die Schöne und Das Biest”, diretto da Julian Roman Pölsler, girato in parte proprio a Capodimonte.